Il cognome e le vicende dei Caroli bergamaschi
Il cognome Caroli è diffuso su tutto il territorio nazionale, in particolare nelle aree lombarda, romagnola, pugliese e romana.
Le mie ricerche hanno esplorato la sola provincia di Bergamo, quella delle mie origini, evidenziando la presenza del cognome in tutto il territorio ad esclusione della valle S. Martino. Tuttavia, l’unica documentazione coeva in grado di produrre un albero genealogico compiuto afferisce alla genia Caroli proveniente dalla valle Seriana, mentre per tutte le altre località si manifestano solo presenze occasionali, senza soluzione di continuità.
Le segnalazioni più antiche del cognome risalgono all’ultimo periodo del medioevo sotto la forma del patronimico de Carolis, ossia “di Carlo”. I più illustri studiosi della materia cognominale inseriscono de Carolis in una famiglia di nomi proveniente dal teutonico Karl, successivamente latinizzato nelle forme accertate di Carolus, Carlus e Carlonus. In qualche documento il patronimico appare sotto la forma de Charolis, una variante – forse quella originale – in via di sparizione nel Cinquecento.
Questa forma deriva dalla pronuncia del termine Cha – leggi cà –, discendente dal tedesco Ka.
Tra le parole contenenti il ch che si stavano estinguendo, troviamo per l’ultima volta nel 1523 il termine bergamascho e, qualche anno prima, quello di bergamascha.
È da sottolineare che il patronimico originario, al pari del nome battesimale, è talvolta contaminato dal soprannome: per circa quattro generazioni un ramo dei Caroli viene identificato con il cognome Polareschi derivante dal toponimo Polarescho, località dove essi vissero per alcuni anni.
Nella fase patronimica, che termina all’incirca a metà del XVII secolo, i Caroli valseriani provenienti da Clusone si trasferiscono nel circondario di Bergamo, la città capoluogo. Zanica è la prima tappa del loro radicamento, quindi dopo un paio di generazioni emigrano nelle località viciniore tra il Serio e il Brembo. Le famiglie che hanno lasciato il maggior numero di tracce seguono la direttrice per Longuelo e Curno.
L’attività primaria dei Caroli è quella di massari e, in questo ruolo di cerniera tra proprietà e produzione agricola, offrono i loro servigi alle più importanti famiglie o istituzioni bergamasche proprietarie di fondi. Questa attività esplicita una condizione economica che li accompagnerà per circa un secolo e mezzo, ossia la disponibilità di un capitale per affrontare i costi della locazione. Per un anno, in attesa del raccolto, il massaro infatti doveva far fronte alle spese per il mantenimento della propria famiglia e degli animali da fatica, disporre degli attrezzi da lavoro, acquistare le sementi e retribuire i lavoranti sottoposti.
La circostanza ci riporta al punto di avvio della ricerca: questa disponibilità economica non può che essere il frutto della cessione di antiche proprietà o di qualche lucrosa attività precedente, dunque, che cosa facessero e perché dovettero spingersi a percorrere la strada del fondo valle è un nodo cruciale della loro storia, non ancora sciolto, ma intuibile soltanto da minuti indizi.
A metà degli anni Trenta del Cinquecento, quando approdano alla cascina Carlinga di Curno offrendo i propri servigi ai nobili Suardi, i Caroli sono dediti anche alla tessitura dei panni lana e alla produzione di guado, un colorante blu di origine vegetale per i tessuti. Alcune attività sono complementari alle lavorazioni agricole, come la coltivazione di lino, canapa e guado, altre sono alternative al fermo lavorativo imposto dalla stagione invernale, come la tessitura.
L’acquisto documentato di qualche casa, terre e l’esercizio di minuti prestiti li pone nella cerchia di “lavoratori agiati”, il cui obiettivo, posso immaginare, era quello di diventare proprietari autosufficienti.
Alcuni episodi danno vita a storie del tutto inaspettate, come quello della corrente migratoria verso la Città Eterna, dove i nostri sono dediti soprattutto alla mercatura tessile.
Infatti, durante il XVII secolo, sono documentati almeno tre Caroli proprietari di negozi di tessuti e affini che operano nel cuore della Roma barocca, tra piazza Campo de’ Fiori e Trastevere.
Nella città dei papi si trasferisce nel 1661 anche il dodicenne Lorenzo Caroli per abbracciare la carriera ecclesiastica, subito dopo una memorabile audizione pubblica nella basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo. Lo straordinario episodio, svoltosi alla presenza del vescovo bergamasco card. Gregorio Barbarigo, sarà ricordato con la stampa di una pergamena.
L’originale vicenda è narrata nella Effemeride sagro profana di quanto di memorabile sia successo in Bergamo, autore lo storico e teologo Donato Calvi, con il titolo “Lorenzo bambino prodigio” nei Soggetti insigni per dignità, lettere, o armi.
Seguendo il percorso cognominale, la seconda trasformazione si manifesta con la perdita del patronimico a favore della identificazione per genere: Carolo/Carollo per gli uomini, Carola per le donne, Caroli per la forma plurale. In questa fase si registra la “perdita” di alcuni rami parentali poiché, in qualche caso, la forma Carollo rimane costante nel tempo, separandosi così dall’originale Caroli, mentre, in altri casi, un’erronea scrittura del mio cognome provoca lo slittamento in Caioli/Cajoli, separando ulteriormente qualche individuo dalla genia originaria.
La fluidità con la quale si modificano i cognomi in questi secoli, non ancora legati dai vincoli burocratici, consegna all’anagrafe alcune varianti cognominali derivanti dai soprannomi, quali Carlétto/i, Carlino/i, Carlòtto/i, Carlòzzo/i, Carlón, Carlóne/i, Carlisi, Carlesso, Caroletti, ecc.
Nel Settecento iniziano le fortune dei Caroli del ramo di Stezzano, ottenute grazie alle opportunità offerte dalle trasformazioni economiche in atto nella bergamasca. Bergamo seppe diventare un importante centro di produzione serica, inserendosi nella filiera commerciale del filo di seta utilizzato per la tessitura, noto come “organzino bergamasco”.
Lodovico Caroli inizia la produzione di filo di seta avviando due filatoi idraulici in contrada Broseta, in Città Bassa, lungo la roggia Serio Grande. Con il successo industriale ed economico, Lodovico e i suoi eredi diventano protagonisti indiscussi tra gli imprenditori locali: diversificano le loro attività e diventano sia grandi proprietari terrieri che agenti del credito. Della loro ricchezza, legata alla fortuna della produzione serica in Italia, si conservano molte testimonianze, quali il cabreo delle proprietà fondiarie e lo stemma araldico creato per l’occasione.
Tre bozzetti e lo stemma definitivo della famiglia Caroli, qui in versione lignea
Il gioiello più pregiato dei loro beni è la magnifica casa di delizia di Stezzano, oggi denominata Villa Caroli-Zanchi. L’ottocentesca villa, progettata dall’architetto Giacomo Bianconi, è un mirabile esempio di armonia architettonica con la raffinata combinazione dello stile neoclassico dell’edificio e dell’eclettismo degli spazi interni, dominati da sale e salette a tema, una volta sontuosamente arredate.
Villa Caroli-Zanchi di Stezzano
Nell’Ottocento, il loro successo contrasta con la cattiva sorte degli altri Caroli bergamaschi, rimasti perlopiù contadini, andata peggiorando fino a tutto l’Ottocento.
L’ultima variazione cognominale si afferma tra ‘700 e ‘800 con la perdita della declinazione di genere, rimanendo solo il plurale del cognome. In alcune aree del centro-sud dell’Italia, in particolare quella romana, è rimasta in vita la particella de nobilitata con la lettera maiuscola, in alcuni casi addirittura l’arcaico patronimico De Carolis. Malgrado l’evoluzione della nostra lingua non sia stata omogenea in tutto il Paese, la forma contemporanea del nostro cognome, quale essa sia, oggi appare definitiva, cristallizzata da strettissimi vincoli anagrafici e fiscali.
Egidio Caroli, 06/2024
Echi di una storia lontana – Le vicende dei Caroli Bergamaschi