FAMIGLIA BERGAMO

del ramo detto di Costante

Patrizi genovesi (ramo collaterale). Aggregati all’albergo D’Oria (dal 1528 al 1576 conosciuti come D’Oria o Doria de Bergamo). Cavaliere dal 2017, Lord of the Manor dal 2023.

Arma gentilizia antica: Di rosso al mastio d’argento, merlato, torricellato di tre pezzi pure merlati, equidistanti, aperto del campo e fondato sulla campagna di verde[1]

Arma gentilizia moderna:

Stemma: di rosso al castello d’argento murato di nero, aperto e finestrato del campo, merlato alla guelfa e fondato sulla campagna erbosa di verde; all’albero al naturale nodrito sulla campagna, penetrante nella porta e uscente tra le torri con le fronde a destra di salice e a sinistra di carpino sostenenti al centro una civetta d’oro; il tutto addestrato da un giglio d’oro in capo.

Cimiero: quattro fronde d’albero al naturale le due a destra di salice, le due a sinistra di carpino, da cui fuoriescono colli e teste dell’aquila bicipite d’oro, coronata dello stesso e linguata di rosso.

Motto: Summis uti velis

Le radici della famiglia Bergamo possono ricondursi ad un’origine perso-indiana[2], verosimilmente emigrata dall’attuale Iran fino in Lidia durante le grandi spedizioni di Dario. Seguì poi le sorti dell’Impero Romano fino all’arrivo dei Turchi (1310 d.C.). La seconda ondata (1341 d.C.), quella organizzata dagli Ottomani, la fece emigrare definitivamente dall’Anatolia a Chio, isola genovese e per questo protetta da rappresaglie. Qui, sotto i Giustiniani, è possibile riscontrare il capostipite, Thomas da Pergamo[3], sposato con la nobile Isolta de Costa, attivissimo nell’isola tanto da ricoprire per due mandati il ruolo di Procuratore. Da qui, i “de Pergamo” emigrarono a Genova nel 1429[4], mantenendo però un collegamento con Chio.

(migrazione della famiglia secondo i ritrovamenti del DNA linea maschile[5])
Ganducio, Odoardo. Origine delle case antiche nobili di Genova. Manoscritto cart. del sec. XVII conservato presso la Biblioteca Civica Berio di Genova
(collocazione: m.r.IX.2.24-25).
L’arma della famiglia registrata successivamente a Genova mostra l’origine di Chio.
Copyright © Biblioteca Civica Berio (Genova, Italia)

Nella Superba, il cognome subisce una sonorizzazione e nelle fonti si riscontra Cosma di Giovanni de Bergamo, capo della famiglia genovese, che iniziò un lucroso commercio di lana. Mentre il di lui padre veniva eletto nel Consiglio degli Anziani nel 1431[6], gli interessi economici di Cosma lo portarono a Venezia, al seguito dell’importantissimo console Accellino di Medialuce Salvago, e vi rimase fino al 1453. Qui costruì il primo embrione dell’attività famigliare che fu lasciato al fratello Giovanni. Cosma poi tornò a Genova, aprì un’attività propria come “lanerius” ossia il mercante di lana che commissionava il lavoro, pagandolo talora in liquidi, più spesso in merci stimate al di sopra del loro valore[7]. Il suo successo personale e famigliare, giustificarono la sua elezione tra gli Anziani della città nel 1453. Cosma ebbe tre figli maschi: Gerolamo, Pellegro e Battista[8].

Nel 1493 sono presenti, tutti lanaioli, nel registro delle attività[9] d’artigianato di Genova come “accettante maestro” oppure come “maestro”, mostrando la loro capacità lavorativa ed imprenditoriale. Gerolamo, che aveva avuto un figlio di nome Stefano, morì di lì a poco, mentre l’azienda di famiglia passò nelle mani di Pellegro e Battista. Quest’ultimo si sposerà con Pelegrina de Ferrari[10], e loro figlio Pellegro fu nominato, assieme ai suoi cugini Francesco e Cosma, patrizio genovese nel 1528[11] nell’albergo D’Oria[12]. Qualche anno prima i Bergamo si erano convertiti al mercato della seta, divenendo molto ricchi ed espandendo il commercio anche a Chio[13]. La loro residenza era un piccolo palazzo della zona dell’ospedale Pammatone[14], ora non più esistente per colpa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Con l’accettazione del patriziato e l’inserimento nella grande famiglia D’Oria, i Bergamo persero il loro cognome, come previsto dalla deliberazione del marzo 1529: essendo dei Nobili nuovi, e provenienti dalla schiera dei populares, dovettero accogliere tutte le richieste imposte da Andrea D’Oria. Da questa data in poi li troviamo citati nel nuovo modo nelle fonti, come nel caso di Stefano d’Oria de Bergamo, ricordato in un documento notarile come creditore, oppure del cugino Francesco d’Oria de Bergamo dove compare in un atto del 16 maggio 1550[15].

Liber Nobilitatis serenissime Reip Genuensis, XVIII sec. (1757) collocazione: mr.Cf bis.4.6/7 Copyright © Biblioteca Civica Berio (Genova, Italia)
Nobiltà di Genova di Agostino Fransone del fu Tomaso nobile genouese all’ill.mo & ecc.mo signor prencipe Doria. – In Genoua, 1636 (In Genoua : nella stamparia di Pietro Giovanni Calenzano, e Gio. Maria Farroni compagni, 1636). collocazione: Rari.C.33 
Copyright © Biblioteca Civica Berio (Genova, Italia)
Atto 1328 Remondini Berio che dimostra la vitalità della famiglia “Doria olim Bergamo” nel 1565 con i collegamenti importanti con altre famiglie patrizie quali gli Imperiali e i Lomellino Sorba.

Il 17 marzo 1576 la riforma voluta da Andrea d’Oria venne superata e così furono cancellati gli alberghi, con obbligo per le famiglie aggregate di riprendere il proprio cognome e il proprio stemma; era tuttavia possibile però preservare la vecchia forma, per chi lo desiderasse, con il beneplacito della famiglia ospitante[16]. I Bergamo spariscono dagli archivi genovesi perché non hanno più il capitale per permettersi l’ascrizione tra il patriziato. Alcuni storici hanno così pensato che i Bergamo si fossero estinti.  

La grande peste che flagellò la città e l’Italia, la cosiddetta “peste di San Carlo” e la conseguente perdita economica dei ricchi mercati, videro la famiglia ridursi notevolmente, e verosimilmente ad estinguersi. Vi era però Giovanni, fratello di Cosma che aveva iniziato una nuova attività di setaiolo nella podesteria di Treviso[17] e che rappresentava un ramo florido. Lui si era stabilito quasi un secolo prima nella comunità, e aveva avuto della discendenza maschile certificata. Il primo che appare nei registri è Andria da Bergomo (Andrea da Bergamo) sposato con Dona Menega (Domina Domenica), commissionò un affresco al giovane pittore, allora semi sconosciuto, Francesco Pagani (detto da Milano)[18], nel quale fece dipingere San Rocco e San Eustachio (o forse San Bovo). Se il primo era la rappresentazione nel ringraziare Dio per aver salvato la famiglia dalla peste, il secondo riecheggia d’Oriente, verosimilmente per i ricordi dell’antica patria, l’Anatolia.

Un dipinto attribuito a Francesco Pagani detto da Milano. A sinistra San Rocco prega il Gesù bambino che lo ascolta segnandolo. Al centro la Madonna bionda, tipica della pittura dell’artista, e a destra probabilmente lo stesso committente ritratto nei panni di Sant’Eustazio
(si nota sulla grande cappa militare il simbolo di un quadrupede riconducibile ad un cervo).
Immagine donata da Angelo Zanella

Sul lato sinistro si può notare lo stemma della nobile famiglia degli Spineda di Oderzo[19], che divennero successivamente proprietari dell’immobile dove si trova l’affresco. Probabilmente Domenica faceva parte di questa famiglia, altrimenti non si spiegherebbe lo stemma posto sul lato sinistro. Purtroppo il lato destro è privo di ogni riferimento perché usurato e perduto nel tempo.      Sempre nella stessa zona, è ricordato anche un altro Bergamo, probabilmente il fratello di Andrea, tal Sanctin (Santino), che portava il titolo di Messere e risultava proprietario di vaste aree tra le Podesterie di Oderzo e di Portobuffolé, come si evince dagli estimi del 1518[20]. La ricchezza non raggiunse più gli apici degli inizi del 1500 e i Bergamo del nuovo ramo “veneto” non poterono nemmeno lontanamente ambire al patriziato veneziano[21], come invece era accaduto ai cugini genovesi. Ottennero la cittadinanza veneziana molto tardi, con Marco figlio di Andrea, anch’egli con professione “drapieri”, ossia mercanti di seta[22]. I Bergamo parteciparono attivamente al governo cittadino di Oderzo, sede della Podesteria, ricoprendo incarichi prestigiosi. Va ricordato Antonio, sposato con Donna Hosta (Agusta), che portava il titolo di Messere e fu eletto prima giudice e poi Meriga della cittadina di Soler, qui ebbe genia e continuò il lavoro di “drapier” fino alla fine del secolo. Il suo matrimonio è registrato negli archivi parrocchiali ed ebbe come testimone di nozze i Durighello, nobili di Ceneda e i Moretto, possidenti della zona.

La grave crisi del mercato della seta che colpì la Serenissima e l’Europa alla fine del 1500 face perdere gran parte del patrimonio della famiglia che si spostò poi a Salgareda dove comprò terreni, sebbene la data di trasferimento rimanga sconosciuta. Il piccolo borgo, ricco di fiumi e di salici, offriva infatti il giusto ambiente per la coltivazione del bacco da seta. Agli inizi del 1600, i Bergamo furono eletti più volte Meriga[23], importante figura che governava il paese, mostrando così di avere una certa importanza.

Estimi 1548, Podesteria di Oderzo, Archivio di Stato di Treviso.
Bartolomeo è un nome comune nella genealogia famigliare.

Le loro rendite fondiarie non furono in grado di sopportare il grande espansionismo latifondista del patriziato veneziano, il quale contribuì in meno di un secolo ad accumulare quasi il 95% delle terre private della Podesteria di Oderzo alla fine del 1600[24], una cifra molto importante se si pensa che agli inizi del secolo prima era appena sopra la metà.

Purtroppo, la prima guerra mondiale ha danneggiato pesantemente l’archivio parrocchiale di Salgareda[25], si preservano solamente i registri dei battesimi dal 1693. Un solo atto di matrimonio è ancora visionabile perché avvenuto ad Oderzo nel 1678, tra Ser Giobatta del fu Zuanne Bergamo e Zuanna Mortiron. Come testimoni ebbero un nobile di Oderzo, Zuanne Casoni, a dimostrazione così del buon tenore di vita che ancora possedevano. Zuanne (Giovanni) fu il capostipite del ramo di Salgareda, ebbe Giovanni Maria, che ebbe Carlo, che ebbe Giovanni Maria che ebbe infine Vincenzo. Le proprietà dei Bergamo sono attestate dal foglio dei Provveditori dei Mari e dei Fiumi della Serenissima del 1787 del quale si evince il possesso di una grande casa e le terre ad essa attigua. Con la fine della Repubblica finisce anche il benessere della famiglia, che è costretta così ad emigrare verso sud per evitare la povertà dovuta alla forte depressione economica, alla guerra e verosimilmente all’aumento delle tasse. Agli inizi dell’ottocento i Bergamo si spostarono nella località di Carpenedo, grazie ai buoni rapporti con il Vescovo di Treviso, già antecedenti al loro arrivo, che diede loro la possibilità di diventare soci della Società dei 300 Campi[26] (ancora attiva). Sebbene ci fossero ristrettezze economiche, non si registrano migrazioni verso le Americhe e neppure verso l’Europa più industrializzata. Da notare la capacità di leggere e scrivere dei discendenti diretti, chiaramente riscontrabile nei vari documenti di matrimonio e battesimo in tutto l’ottocento, dimostrando una buona istruzione, verosimilmente fornita dai religiosi del luogo.

Il primo Bergamo che nacque nel 1809, portò il nome di Costantino, riportato poi maldestramente negli archivi napoleonici come Costante (da qui il soprannome familiare ancora vivo nella località) a dimostrazione ancora una volta la continuità greca della famiglia. Suo testimone di nozze fu un mercante di seta, ricollegando quasi magicamente l’antico sapere famigliare riscontrato a Genova e ad Oderzo. Costantino si adoperò assieme alla sua famiglia affinché la chiesa in stile neo gotico dei Santissimi Gervasio e Protasio fosse eretta nella prima metà del 1800. Attualmente gran parte dei Bergamo vive ancora a Carpenedo, mentre un’altra si è trasferita a Venezia. Da Costantino nacque Bartolomeo, poi Giovanni, Luigi ed infine Bruno, il quale ha avuto due figli maschi: Nicola e Claudio.

Nicola ha proceduto ad una rivisitazione dell’antico stemma famigliare di origine chiota e ha approntato delle brisure grazie ai consigli del Maestro Marco Foppoli che ha provveduto alla realizzazione del nuovo stemma famigliare (registrato presso l’Araldo della Repubblica di Malta[27] che ha riconosciuto la ricostruzione araldica e genealogica e che si trova nell’incipit dell’articolo).  Successivamente all’acquisizione dell’antico titolo feudale di Lord of the Manor of Moor Hall (Warwickshire) avvenuto nel novembre del 2022, si è deciso di apporre un’ulteriore modifica che appare come segue.


[1] G.d. Crollalanza, Annuario della nobilità italiana, 1879, p. 120.

[2] I discendenti attuali di sesso maschile si sono sottoposti al test del DNA (BigY 700 FtDNA). Secondo i siti più importanti che trattano la materia, il DNA della famiglia ha circa 670 (L-Y254445 (age: 672 ybp) che conferma il distacco dalla comunità bizantina-oriunda anatolica attorno al 1400.

[3] P. P. Toniolo, Notai genovesi in Oltremare. Atti rogati a Chio da Gregorio Pannisaro (1403-1405). Accademia ligure di Scienze e Lettere, Serie Fonti 2, Genova 1995.

[4] G.d. Crollalanza, ibidem.

[5] https://phylogeographer.com/mygrations/?hg=L&clade=L-Y254445 Ovviamente la migrazione finale si rifà a dove l’autore dell’articolo risiedeva durante la ricerca, ossia l’ultimo punto conosciuto. Il 1350 A.D. (d.C.) si collega perfettamente alla conquista della città di Pergamo da parte dei Turchi nel 1341 d.C.

[6] G.d. Crollalanza, Annuario della nobilità italiana, 1879, p. 120.

[7] https://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-colombo_%28Dizionario-Biografico%29/

[8] Atti di Remondini, Archivio di Stato di Genova, nn. 1328, 2010.

[9] http://www.dafist.unige.it/home/ricerca/artigen/?NOME=BAT&COGNOME=BERGAMOD

[10]  http://www.archivi.beniculturali.it/archivi_old/sage/testi/bergamo.pdf

[11] “Liber Nobilitatis Genuensis” e il Governo della Repubblica di Genova fino all’anno 1797, edizione a cura di Conte Guelfo Guelfi Camajani, Società Italiana di Studi Araldici e Genealogici, Firenze, 1965, pp. 69-70.

[12] Ibidem, p. 11

[13] http://www.archivi.beniculturali.it/archivi_old/sage/testi/bergamo.pdf

[14] G.d. Crollalanza, Annuario della nobilità italiana, 1879, p. 120.

[15] Atti di Remondini, Archivio di Stato di Genova, n. 2010.

[16] Liber, p. 18.

[17] Esistevano ben 22 famiglie di origine genovesi nella Repubblica di Venezia alla fine del 1500. Vedi A. Caracausi, Mercanti e banchieri fiorentini e genovesi nella Venezia della seconda metà del Cinquecento, Imprenditorialità e Sviluppo economico. Il caso italiano, (sec XIII-XX) Egea, 2009, p. 1315

[18] https://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/pagani-francesco-detto-francesco-da-milano/

[19] Per quanto concerne la nobiltà e riferimento del blasone si rimanda all’opera di Almorò Albrizzi, Memorie storiche Oderzo 1743, ristampa a cura di Libreria “Opitergina” Editrice, Oderzo, 2009, p. 15

[20] Estimi 1518, Archivio di Stato di Treviso, Podesteria di Oderzo.

[21] https://www.treccani.it/enciclopedia/l-ultima-fase-della-serenissima-economia-e-societa-l-economia-imprenditoria-corporazioni-lavoro_%28Storia-di-Venezia%29/

[22] Lista dei privilegi di cittadinanza de intus e de intus et extra, tratti dai registri del Senato Terra e del Senato Privilegi, dal 1540 al 1632, ST 35, c. 25.

[23] Estimi, Salgareda, b210.

[24] M. T. Todesco, Oderzo e Motta, Edizione Canova Treviso, 1995, p.228.

[25] Registri Vaticano, p…

[26] https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=unita&Chiave=342090&RicProgetto=evve

[27] The Office of the Chief Herald of Arms of Malta 15th January 2023, Archive Registration Number G0055/2023. Gazette Reference 15th August 2022, Vol. 1/G0055/22.